I SOPRANNOMI

 

Un tratto peculiare della mentalità degli italiani, una nota tipica della loro cultura, quella che potremmo chiamare un po' scherzosamente "lo spirito della nazione", è il sentimento radicatissimo di appartenere ad una comunità. Ma non alla comunità della Nazione, o a quella ecumenica dei Cristiani o a quella illuministica dell'Umanità. Gli italiani hanno radicato nella loro psicologia un modello di comunità diverso.
  Il modello di comunità che guida inconsciamente, lo ammettiamo, molti comportamenti di un italiano, è il modello del "paese". Sì, ci riferiamo proprio al paesino della provincia: la cittadina di poche migliaia di abitanti, dove "ci si conosce tutti" e dove "tutti sanno tutto di tutti", perché c'è solo una piazza (o una strada) dove andare a passeggio la sera. Quello dal quale sembrano tutti fuggire, ma che tutti poi portano con sé nelle abitudini più innocenti e profonde.  put here foto con capannello di persone

E' così grande il bisogno di replicare questa dimensione di vita di paese anche nella vita delle grandi città, che gli italiani ricostruiscono le piccole comunità paesane nei luoghi di villeggiatura, trasformando in "paese" gli alberghi di montagna o gli stabilimenti balneari nei quali, immancabilmente, di anno in anno intere famiglie tornano ad incontrarsi. Non si spiegherebbe altrimenti l'assurdo logico di "fare il turista" sempre ed immancabilmente, anno dopo anno, generazione dopo generazione, nella stessa città, nello stesso albergo, nella stessa pensione. Non solo. Si organizzano come piccole comunità paesane anche i luoghi di lavoro, le scuole, le caserme: dovunque più persone sono riunite per molte ore al giorno secondo orari e modalità improntati alla regolarità, il germe della comunità di paese fa presa.

Ora, questa tendenza della psicologia italiana ha una conseguenza importante anche sulla lingua. Nella cultura di una comunità, nel lessico paesano, il soprannome è un elemento fondamentale. Il soprannome è il nome di un individuo "dentro la piccola comunità", indifferente alla "grande comunità" dello Stato, per essere riconosciuti dal quale bisogna (e basta) avere l'altro nome, quello ufficiale dell'anagrafe. Il soprannome, a volte crudele, a volte innocente, spesso umoristico, è il segno linguistico che dimostra la nostra appartenenza alla comunità piccola del paese, dell'ufficio, della classe in una scuola, del reparto o della camerata. I soprannomi si possono attaccare ad una persona e non lasciarla più per tutta la vita, oppure possono essere transitori, delle "pelli" più o meno scomode che si "cambiano" passando da uno stadio all'altro della vita: un soprannome a scuola, uno da militare, uno al lavoro.

Dal punto di vista linguistico, i soprannomi sono diversi dalle abbreviazioni dei nomi di battesimo, come Totò per Antonio, o Beppe per Giuseppe o Pina per Giuseppina. I soprannomi possono nascere:

  • dalla città di provenienza: "Napoli" è nome di città, ma spesso in piccole comunità del Nord è un soprannome
  • dalla professione: "Panchetto" è nome da falegname, "Gratta" è soprannome da ladro
  • dai difetti fisici: "La Baffona" è crudele soprannome di donna, "Passerottino" altrettanto crudelmente indica un uomo che abbia un braccio più piccolo dell'altro
  • dalle debolezze e inclinazioni caratteriali: "MeaCulpa" allude al tic nervoso di battersi con la mano il petto, "Agonia" è adatto a chi si lamenti sempre delle proprie condizioni di salute o economiche, "Pane" è una persona che in Italia verrebbe definita tre volte buona, cioè scema.
  • Comunque nascano, infine, i soprannomi sono a volte più forti del nome stesso, perché non sono legati arbitrariamente alle persone che indicano, ma hanno con loro un rapporto di evidenza e di necessità. Sono, come si diceva nel Medioevo, "conseguenza delle cose".

    E adesso tocca a te: che soprannome daresti ai tuoi compagni di classe se fossi un italiano?