SIGNOR TENENTE

Minchia, Signor Tenente,
che siamo usciti dalla Centrale,
ed in costante contatto radio
abbiamo preso la Provinciale
ed al chilometro 41,
presso la Casa Cantoniera,
nascosto bene la nostra auto
che se [sic = si] vedesse che non c'era.
E abbiamo montato l'autovelox
e fatto multe senza pietà
a chi passava sopra i 50,
fossero pure i 50 d'età.
E preso uno senza patente.
Minchia, Signor Tenente.
 
Faceva un caldo che si bruciava,
la Provinciale sembrava un forno:
c'era l'asfalto che tremolava
e che sbiadiva tutto lo sfondo.
Ed è così, tutti sudati,
che abbiam saputo di quel fattaccio,
di quei ragazzi morti ammazzati,
gettati in aria come uno straccio,
caduti a terra come persone
che han fatto a pezzi l'esplosivo,
che, se non serve per cose buone,
può diventare così cattivo
che dopo quasi non resta niente.
Minchia, Signor Tenente.
 
E siamo qui, con queste divise,
che tante volte ci vanno strette,
specie da quando sono derise
da un umorismo di barzellette.
E siamo stanchi di sopportare
quel che succede in questo paese,
dove ce [sic = ci] tocca farci ammazzare
per poco più di un milione al mese.
E c'è una cosa qui nella gola,
una che proprio non ci va giù;
e farla scendere è una parola
se chi ci ammazza prende di più
di quel che prende la brava gente.
Minchia, Signor Tenente.
 
Lo so che parlo col comandante,
ma quanto tempo dovrà passare
che, a star seduti su una volante,
la voce in radio ci fa tremare.
Sì che coraggio ne abbiamo tanto,
ma qui diventa sempre più dura
quando ci tocca di fare i conti
con il coraggio della paura.
E questo è quel che succede adesso:
che poi se c'è una chiamata urgente
si prende su e ci si va lo stesso.
E scusi tanto se non è niente!
Minchia, Signor Tenente.
 
Per cui, se pensa che c'ho vent'anni,
credo che proprio non mi dà torto;
se riesce a mettersi nei miei panni,
magari non me [sic = mi] farà rapporto.
E glielo dico sinceramente:
Minchia, Signor Tenente!