Con l'espressione musica leggera ci si riferisce solitamente, in Italia, alla canzone, sebbene la musica leggera comprenda tutta la musica che non ha finalità artistiche o culturali (come la musica classica, l'opera, il jazz, etc.). Fino agli Anni Venti è stata predominante in Italia l'influenza del melodramma e della canzone napoletana, anche se non mancano gli echi di altre tradizioni come i canti alpini, gli stornelli dell'Italia centrale e i canti anarchici. Nonostante le influenze successive, soprattutto statunitensi e francesi, la canzone leggera italiana si è sempre distinta perché particolarmente orecchiabile, caratteristica che ha facilitato la sua diffusione anche all'estero, al di là delle barriere linguistiche. Gli anni successivi al 1920, con le prime tournee di artisti statunitensi, hanno visto l'affacciarsi del jazz sulla scena musicale italiana. La formazione di un genuino jazz italiano rimase tuttavia fenomeno limitato ad alcuni gruppi di giovani nelle grandi città, mentre il linguaggio jazzistico, fatto di ritmi sincopati, variazioni tematiche e originalità di timbro, fu portato nel repertorio melodico italiano -- specialmente quello delle canzoni d'amore -- ed ebbe un grande successo di pubblico. Negli Anni Venti e Trenta, quindi, la musica italiana fu simile in molti aspetti alla contemporanea musica americana, anche se le condizioni politiche (la dittatura fascista comincia in Italia nel 1923) non permisero mai la creazione di una canzone dai contenuti politici, ma solo d'evasione. Dopo la seconda guerra mondiale la distinzione fra la musica di ispirazione americana e la canzone italiana (Luciano Tajoli, Nilla Pizzi, Claudio Villa) si è fatta sempre più netta, anche per la funzione conservatrice svolta dai primi Festival di Sanremo. Gli Anni Cinquanta segnarono l'affermarsi del rock and roll, acquisito dai cantanti italiani nei suoi aspetti più leggeri e spesso accostato a tradizioni regionali (Renato Carosone, Peppino di Capri, Fred Bruscaglione). È questa anche l'epoca dei cosiddetti "urlatori", che si contrapponevano al genere melodico tradizionale (Domenico Modugno, Betty Curtis, Joe Sentieri, Tony Renis e Tony Dallara), senza costituirne, però, una vera e propria alternativa. Una vera innovazione è venuta invece dalla generazione di cantautori degli Anni Sessanta (Gino Paoli, Umberto Bindi, Luigi Tenco, Sergio Endrigo, Bruno Lauzi, Giorgio Gaber e Fabrizio De André) che, sull'esempio della canzone francese, posero particolare attenzione ai testi (a volte semplificando eccessivamente le melodie) e crearono più "poesie musicate" che vere e proprie canzoni. Il capostipite di questa tradizione è considerato Gino Paoli. A partire dalla metà degli Anni Sessanta si assiste inoltre in Italia alla nascita di numerosi complessi sul modello dei Beatles: ebbero molto successo tra i giovani e si affermarono sul mercato discografico gruppi come i Nomadi, l'Equipe 84, i Dik Dik e i New Trolls.
Toccata generalmente solo in modo marginale dalle sollecitazioni provenienti d'oltre oceano, la canzone all'italiana ha continuato a svolgere una funzione di primo piano col contributo di personaggi spesso dotati di una notevole personalità e di qualità musicali ben differenziate, come Adriano Celentano, Mina, Milva, Ornella Vanoni, Gianni Morandi, Rita Pavone, Iva Zanicchi, Massimo Ranieri, Al Bano e i Ricchi e Poveri.
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